Davide Lince e l'Impero dell'Interra

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  1. NicolaStanley
     
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    INLAND EMPIRE

    Di questo capolavoro abbiamo già parlato qui e qua
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    David Lynch è nato a Missoula, nel Montana nel 1946...
    Sono diventati quasi subito celeberrimi i suoi cortometraggi, a metà tra cinema e arte moderna, immediatamente apprezzatissimi dalla critica d'arte oltre che di cinema: Six Figures Getting Sick ('66), The Alphabet ('68) e, sopratutto, The Grandmother ('70).
    Questo allucinante connubio tra cinema e arte moderna è centrale anche nel suo primo lungometraggio Eraserhead ('77).
    Il suo lavoro successivo, The Elephant Man ('80, prodotto da Mel Brooks), lo rende uno dei giovani registi più quotati del periodo (stavano esordendo anche John Carpenter e Ridley Scott).
    "The Elephant Man" è linguisticamente molto più "classico" dei cortometraggi, ma la sua novità filosofica nel trattare il "mostro" rappresentò una novità indiscussa, che rasentava i risultati ottenuti da Murnau e Browning, e che raggiungerà di nuovo solo Tim Burton.
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    Il cinema "mainstream" lo cattura immediatamente dopo. Dino De Laurentiis lo convince a risolvere il problematico progetto di "Dune" (progetto che era naufragato dopo il primissimo trattamento di Alejandro Jodorowski e l'incidentale coinvolgimento di Ridley Scott).
    Dune esce nel 1984 con scarsissimo successo, ed è rimasto l'unico film "su commissione" di Lynch.
    Nonostante i suoi vistosi e numerosissimi difetti, perfino in "Dune" è evidente la straordinaria forza visiva e il peculiare "trattamento dei mostri" di Lynch
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    Ma è proprio Dino De Laurentiis che produce il primo capolavoro "maturo" di Lynch: Velluto Blu ('86).
    È da lì che parte il percorso autorale Lynchiano ed è lì che viene rappresentata per la prima volta (dopo gli esperimenti giovanili) la tendenza "onirica" che sarà la croce e delizia dello stile lynchiano.
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    Cuore Selvaggio ('90) e Strade Perdute ('97) segnano altre tappe di questo percorso "di sogni e d'incubi" di Lynch.
    In mezzo a questi due film, il percorso onirico di Lynch trova una delle sue massime espressioni in TV con il telefilm in 30 puntate Twin Peaks.
    Realizzato con Mark Frost (Lynch ha girato in prima persona solo 6 puntate) nel '90-'91 "Twin Peaks" rappresenta l'evento centrale della Storia del Telefilm. Un "Roma Città Aperta" dopo il quale niente in TV sarebbe più stato lo stesso... (l'emulo più celebre è senz'altro l'anime Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno, e si possono trovare tonellate di "echi" di Twin Peaks in X-Files, Buffy, the Vampire Slayer e perfino in Nip/Tuck, 24, e, ovviamente, in Lost).
    Il telefilm porta alla realizzazione del suo prequel cinematografico Twin Peaks: Fuoco Cammina con Me ('92), molto meno apprezzato ma ugualmente fondamentale nel percorso onirico.
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    Nel '99 il percorso onirico trova una splendida pausa con un capolavoro se vogliamo "tradizionale e narrativo", Una Storia Vera.
    "Una Storia Vera" è stato apprezzato enormemente a livello artistico. E da lì è cominciata la diatriba, perdurante ancora oggi, su quale "Lynch" preferire: quello onirico o quello narrativo.
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    Ma è proprio sull'onirico e sempre più sull'incubo che Lynch ritorna nel 2001.
    L'idea era quella di bissare il successone di "Twin Peaks" in TV, ma imprevisti e incomprensioni con l'emittente TV hanno fatto naufragare tutto. Poi lo Studio Canal si è interessato al progetto e quello che era un pilot di una serie TV si è trasformato nelle 2h e 15' di Mulholland Drive.
    Allora "Mulholland Drive" era il film più radicale di Lynch, in cui il sogno e l'incubo andavano di pari passo con le metafore autoreferenziali e con le metafore sull'"idea del cinema" (già iniziate in Twin Peaks).
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    L'onirismo ritorna nei cortometraggi, con Rabbits ('02) e altri e Lynch diventa una leggenda amata o odiata: i suoi film sono capolavori o solo idiozie volutamente fumose?
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    Il Leone d'Oro alla Carriera a Venezia 2006 ha portato la diatriba al suo punto più elevato e questo INLAND EMPIRE ('06, presentato a Venezia in contemporanea al premio alla carriera) era lì a fare da oggetto degli insulti e degli osanna (quasi tutti i critici, specie Edoardo Bruno, si sono detti entusiasti, mentre caustico e tremendo si è rivelato il fumettista Stefano Disegni con le sue satiriche vignette su Ciak)
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    INLAND EMPIRE ha scalzato il precedente "Mulholland Drive" dal trono del film "più radicale" di Lynch.
    3 ore densissime ed enormi in cui c'è tutto quello che Lynch ha fatto in passato e probabilmente tutto quello farà in futuro: un concentrato potente e scioccante di tutto il Cinema di Lynch.
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    Come in Twin Peaks c'è da avere a che fare con un "male" che non è per niente affascinante come quello romantico, ma è solo spaventoso (qui il misterioso Krumpy equivale a Killer Bob di Twin Peaks).
    Un Male che ci annuncia Grace Zabriskie all'inizio e che ha origine in una torba vicenda avvenuta in Polonia in cui si imbatte un regista che vuole farci un film.
    L'attrice principale di questo film (una somma Laura Dern che andrebbe davvero fatta santa) si trova in un certo senso a rivivere questa vicenta polacca, e vi ci perde come in un incubo, zeppo di sovraimpressioni, in cui un personaggio può sovrapporsi ad un altro, in cui situazioni possono ripetersi in diversi scenari, e dove moltissime sono le trame da poter seguire...
    Ma, attenzione, le trame non vanno seguite in modo deduttivo, logico e positivo. In INLAND EMPIRE l'unica logica che regge è quella del sogno, una logica mobile e varia, che si trasforma proprio mentre la stiamo indagando e in cui seguire l'indizio non porta alla soluzione, ma ad una "impressione" di soluzione...
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    Il viaggio d'incubo della nostra attrice è come un "esorcismo" sanguinario dalle 09:45 a dopo Mezzanotte.
    Il malvagio Krumpy (l'uomo nero del male, che ha avuto origine dai numeri 4 e 7) deve essere trovato, ma per trovarlo si deve vivere sulla propria pelle l'omicidio polacco, le avventure di tante persone infelici, e poi si deve addirittura morire (anche se, probabilmente, solo all'interno di un film). Solo allora potremmo sparare a Krumpy davanti alla porta 4 7 , salvo poi accorgerci che spariamo solo a noi stessi...
    Dopo la "morte di Krumpy" al di là della porta 4 7 non ci sono più i giganteschi conigli (quelli di "Rabbits" coinvolti in una insensata sit-com) e quindi potremmo riappacificarci (e forse anche fonderci) con la bimbona lacrimosa (molto simile alla Laura Palmer del finale di "Fuoco Cammina con Me") che ci ha, in qualche modo, guidato (con il radiodramma AXX°NN.) fino ad allora...
    E, alla fine, tutti i personaggi si ritrovano per dire "Bellissimo!..." e per ballare mentre scorrono i titoli finali.
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    Da ultimo Laura Harring (una delle protagoniste di "Mulholland Drive" - l'altra, Naomi Watts, è sotto la maschera di un coniglio) manda un bacio a Laura Dern, e la Dern ricambia il gesto, poi parte la canzone dei titoli finali che è "Sinnerman" di Nina Simone, il cui enigmatico testo (il rapporto tra un peccatore, Dio e il Diavolo) può benissimo essere letto come un "riassunto" della complicata trama del film...

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    Laura Dern è anche co-produttrice e molto amica di Lynch (insieme anche in "Velluto Blu" e "Cuore Selvaggio").
    INLAND EMPIRE è stato girato da Lynch completamente in digitale. Questo ha permesso a Lynch di fare da solo praticamente tutto, anche se molti suoi collaboratori hanno fatto da consulenti: Patricia Norris (scenografia), Peter Deming (fotografia - gli altri direttori della fotografia storici di Lynch sono il vecchio Freddie Francis e Frederick Elmes), Angelo Badalamenti (musica, che spazia da Nina Simone alla "At Last" di Etta James, al Krzystof Penderecki usato anche da Kubrick in "Shining").
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    Dopo il debutto a Venezia, la distribuzione della BIM ha avuto diversi problemi a gestirlo. Pare che Lynch non volesse il doppiaggio (che tra l'altro è venuto molto bene). Per un po' si è detto di farlo uscire solo in DVD nel Maggio 2006. Per fortuna, anche se doppiato, è riuscito a uscire nelle sale.

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    Lalalù...

    Edited by NicolaStanley - 1/3/2007, 08:12
     
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  2. Nayel
     
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    Visto ieri sera...

    Detto tra noi, non ci ho capito nulla.
    Ma mi ha terrorizzato.
    Non penso di essere mai stato così interiormente male nel vedere un film: 3 ore di terrore (incubo?) puro. Davanti alla porta 47 stavo piangendo (giuro) di paura, e non sono ancora riuscito a scrollarmi un malessere addosso misto a malumore che mi dura da ieri sera.

    Boia mondo.
    Mi sa che vado a rivederlo...
    ...chissà se lo reggo una seconda volta o i nervi saltano prima e esco urlando dal cinema?
     
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  3. NicolaStanley
     
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    A Venezia mi ha fatto cacare addosso questo mondo e quell'altro anche a me...
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    La seconda volta, siccome sapevo dove erano i momenti più strong, mi sono inquietato ma non cacato addosso...
    E mi sono concentrato di più nel seguire tutte le tramine...
    E, alla fine, la seconda volta, mi ha prevalso il "benessere" (la catarsi ha funzionato) e mi è venuto da ballare come Laura Harring da ultimo!

     
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  4. Nayel
     
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    Quindi il finale è liberatorio? Io l'avevo preso per negativo, invece...

    Uhm, mi sa che è il caso che lo vada a rivedere. Mi sa che ci rivado proprio stasera, guarda!!!
     
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  5. There'saheavenaboveyoubaby
     
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    Questa è una recensione carina che ho trovato. Tenta di illuminare certi momenti bui. Perchè credo che una delle parti più interessanti dei film di Lynch sia propiro la "digestione" del tutto, capire non la trama ma ciò che ci sta dietro.

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    Non c’è niente da capire in INLAND EMPIRE. Tutto da comprendere. L’invito di Lynch ad abbandonarsi al flusso delle immagini e all’attività intuitiva (“Il cinema usa un linguaggio che parla alla nostra intuizione, sa esprimere concetti che le parole non potranno mai dire. Tutti abbiamo capacità intuitive ma non ce ne fidiamo, non le sappiamo usare”), non è un’interdizione a costruire senso attorno a quelle immagini, ma, al contrario, un’esortazione a tracciare percorsi semantici fluidi, traiettorie divaganti e, soprattutto, soggettive. Abolire l’intellezione in favore dell’intuizione non significa soltanto collaborare con il film ma, principalmente, lasciare che il fatto filmico (cfr. Gilbert Cohen-Séat) penetri nelle aree più profonde del cervello, saltando a piè pari il relais verbale e giungendo fino alle scaturigini del pensiero (“Il cavallo venne portato alla sorgente”). Ed è qui che inizia la nostra interpretazione, alla sorgente del pensiero. Formuliamo immediatamente - e avventurosamente - la nostra ipotesi: INLAND EMPIRE mette in scena il progressivo deterioramento esistenziale provocato dal tradimento. Non si tratta d’infedeltà coniugale ovviamente, ma della rottura di un vincolo, dell’infrazione di un patto che chiama in causa l’intera persona (“Le promesse che facciamo le onoriamo ed esigono rispetto, da noi stessi e per noi stessi. E, se necessario, s’impongono in nostra vece”, dice Piotrek – il marito di Nikki – a Devon in un dialogo tremendamente serio). Il tradimento produce perdita di consapevolezza, confusione, avvilimento. Una vera e propria involuzione a uno stadio di esistenza più degradato: dalla pellicola originale al remake, dal rifacimento filmico al disfacimento psichico. È come se ogni atto testimoniasse l’entità morale della persona, ne manifestasse la natura profonda (“Le persone col tempo si rivelano per quello che sono”), provocando delle ricadute a livello globale (“Un’azione, qualunque azione, ha delle conseguenze”). Non soltanto: l’infrazione dei patti che chiamano in causa la natura dell’uomo determina una reclusione, un imprigionamento (“Perché istigare la sofferenza?”), tradire ciò che esige rispetto comporta segregazione e oblio, prigionia e dimenticanza. Ebbene, INLAND EMPIRE è la rappresentazione – di una chiarezza accecante – di rinchiudimenti progressivi: scatole cinesi. La voce di Lynch sibila tagliente Ghost of Love, mentre Laura Dern, dopo essersi coperta gli occhi con le mani, spalanca lo sguardo sul teatro del tradimento primo, quello avvenuto sul set di Viersieben (4 7, il film maledetto basato su un’antica leggenda di zingari polacchi). Le azioni che ne conseguono – il duplice omicidio – rinchiudono la ragazza responsabile in una condizione di dolore continuo (le lacrime ininterrotte) e proiettano l’intera vicenda – ex novo – ad un livello inferiore (Hollywood Babilonia). E qui c’è un conto ancora in sospeso da pagare, l’inquietante vicina – inquietante poiché sincera e poiché Grace Zabrisikie – mette subito in guardia Nikki: “Un bambino un giorno andò fuori a giocare: nell’uscire dalla porta egli causò un riflesso. Il male era nato e seguiva il bambino”. E le suggerisce pure che questa “vecchia storia” ha anche un’altra versione, domandandole per giunta “L’argomento è il matrimonio? E suo marito, lui, è coinvolto?”. Avvertimenti. Che Nikki ignora. Perché in fondo siamo in una fiaba e come in ogni fiaba che si rispetti al divieto segue l’infrazione. “Ciononostante ci resta la magia”, conclude la molesta visitatrice. E solo la magia può salvare Nikki dal vortice che la inghiotte fin dal momento in cui accetta l’invito a cena di Devon. Il patto è infranto (quanto suona sardonico l’“in bocca al lupo a tutti” esclamato dal regista prima di girare la sequenza erotica!), ha inizio la spirale che trascina Nikki/Sue in un abisso di degrado (la prostituzione), abiezione (il monologo nell’“ufficio” AXXON N. ) e infine morte (anche se “solo” nella finzione di On High in Blue Tomorrows). Soltanto l’intervento magico di un Fantasma (ancora un Ghost of Love, nonostante le apparenze) è in grado di liberarla dalla condizione di smarrimento, paura e inconsapevolezza in cui è precipitata inesorabilmente. Un intervento abbagliante che le riflette la maschera stravolta e terrificante che è diventata disonorando la promessa, rompendo il vincolo della fedeltà (a se stessa prima di tutto). E che, conseguentemente, scarcera la ragazza piangente, ricomponendo la frammentazione e proiettando il film in una dimensione anteriore alla scissione originaria, una dimensione di pura luce: “Il cavallo venne portato alla sorgente”. I can see there…
     
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  6. NicolaStanley
     
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    Mah...
    Io mi sono concentrato molto di più sull'idea che Nikki viaggi dentro se stessa e dentro i propri sogni... per poi, alla fine, trovare/affrontare "se stessa" (Krumpy e la Bimbona di AXX°NN.) per poi ballare come la Zabriskie gli aveva predetto (la Zabriskie l'avevo vista come pronunciamento di un "destino", una premonizione che "le cose andranno così e tu non ci puoi fare niente" e non come un avvertimento [occhio che le cose vanno così, non farle andare così!] che Nikki non coglie...)
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    E poi Marito, Tradimenti...
    Ma che roba è?
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    I ho visto l'Incubo dal quale si deve purtroppo passare per andara "là dove si balla Nina Simone" (alla casa dell'indocinese, la casa di Pomona, dove c'è la scimmietta dell'amica della nera...)
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    E poi...
    SENSO???
    Ma da quando i sogni hanno senso...?
    Negativo???
    Ma da quando i sogni sono negativi o positivi...?
    I sogni sono sogni e alle volte incubi... ma, cosa fai? ti arrabbi con gli incubi perché sono incubi?...

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    Io posso solo parlare dell'impressione che questo film mi ha lasciato alla fine delle, per ora, due volte che l'ho visto:
    spavento che fa da catarsi e una liberazione proprio che fa stare bene alla fine mentre ballano!
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    Anche Twin Peaks mi aveva fatto così: io ero tanto contento che il povero Leland si purificasse con la "finta pioggia" prima di morire (eroa anche io purificato! come dice Aristotele!)...
    e, subito dopo, mi sono spaventato perché Killer Bob, in qualche modo, riesce a vendicarsi...

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    Quindi
    Spavento
    e
    Catarsi!

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    Il finale io l'ho inteso catartico per la musica suadente, per la simbolica morte di Krumpy, per il bacio con la Bimbona, con la Bimbona che riesce a riconoscere ed a stare bene con il marito, per la donna che dice "bellissimo", per il bacino tra la Dern e la Harring, e per il ballo...
    Bellissimo, Baci e Balli a me hanno fatto stare bene...
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    Certo sì, il mondo e la vita non hanno senso (e il povero Sinnerman di Nina Simone simboleggia la Dern: cerca di nascondersi sotto una roccia, e la roccia dice che non può nasconderlo, allora va da Dio e Dio gli dice di andare dal Diavolo, allora va dal Diavolo e il Diavolo è lì che lo aspetta con il suo inferno contento matto... allora il Sinnerman torna da Dio e lo prega... ma Dio non lo ascolta... e il Sinnerman si dispera perché Dio non capisce che per il Sinnerman è importantissimo... - però meglio stare lì a pregare un Dio che non ti sente piuttosto che bruciare all'inferno...)
    però l'importante è stare bene noi con noi stessi... l'importante è sparare al nostro Io-Krumpy davanti alla porta 4 7!
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    L'importante è baciarsi e ballare!

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    Olé

    C'è un uomo dentro un sacco che sorride
    I gufi non sono quello che sembrano
    Decifrato il sogno, risolto il caso...




    P.S.
    Ma le cose che vediamo fare a Laura Dern le fa tutte Nikki?
    Le fa Nikki o le fa Sue?
    Le fanno loro o le fa Julia Ormond (che si chiama Doris Side)?
    Oppure le hanno fatte le quattro sciaquette che ci intrattengono con un balettone "di così"?
    Oppure è già stato tutto fatto nella Polonia del 1896?

     
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  7. olwen
     
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    Mi ero dimenticata del 4 e del 7... e non avevo notato che quella cosa succedeva davanti ad una porta 47...

    Comunque. A me non è piaciuto, per nulla...
    Troppo lungo, troppo incasinato e inseguibile, troppo spaventevole in un modo che non apprezzo (tanto per dire: apprezzo la tensione che c'è in Mulholland Drive quando lei si ritrova da sola dopo il teatro, ma non apprezzo lo spavento "gratuito" del barbone...).

    Il mio giudizio è negativo al massimo e l'ho sconsigliato a diversa gente (molta delle quale non l'avrebbe guardato comunque).
    Riporto i commenti che ho già scritto in altra sede.

    Realtà, sogno, visioni, scene di film, eventi passati che si rincorrono continuamente...
    La prima volta che ho guardato l'orologio (ignorando il consiglio di Andre) erano passati 50 minuti.
    L'altro problema è cominciato quando una lampada ha cominciato a lampeggiare mentre si è sentito uno schianto. Ho fatto uno schizzo e ho tremato per qualche secondo. Altri tre spaventi mi hanno portato alla conclusione, e a dei titoli di coda che (anche quelli) non finivano mai...
    Lungo, estremamente lungo, inutilmente lungo.
    Incasinato, ma non del tipo che riesco a seguire, quello in cui ci sono quattro personaggi che fanno cose a caso come può essere Mulholland Drive. Quello in cui ci sono decine di personaggi, in cui lo stesso personaggio puoi vederlo dieci secondi all'inizio e poi dopo due ore! Ma come cavolo potrei ricordarmi che faccia ha??? E poi, un persanaggio a volte aveva i capelli mori, altre volte castani e un altro una volta aveva gli occhi marroni e un'altra celesti!
    E poi, ripeto, non ho apprezzato le flashate di luce e le botte di audio tremende...
     
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6 replies since 20/2/2007, 18:44   224 views
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